Se la distanza tra pareti finestrate non è rispettata c’è abuso edilizio?
La distanza tra edifici è un elemento cruciale nell'edilizia in quanto garantisce la fruizione degli spazi esterni in piena sicurezza. Con la recente sentenza n. 21991/2024 la Corte di Cassazione sottolinea l'importanza del rispetto delle distanze in quanto l'eventuale violazione comporta conseguenze legali significative, inclusa la demolizione di edifici costruiti.
Distanza legale tra edifici: normative
Gli edifici vengono realizzati seguendo delle disposizioni spaziali ben precise, tale argomento è un elemento critico durante la progettazione e costruzione degli immobili, perché se non si rispettano le distanze tra gli edifici si può incorrere in procedimenti di demolizione e sanzioni.
La distanza legale tra gli edifici è disciplinata dai seguenti articoli:
• l’art. 873 del codice civile, che stabilisce l’importanza di una distanza minima di 3 metri tra fabbricati contigui o confinanti;
• gli art. 874, 875 e 877 del codice civile, che sottolineano invece i casi in cui il proprietario del terreno confinante non è costretto ad arretrare la propria costruzione, rispettando le distanze stabilite;
• l’art. 9 del DM 1444/1968 stabilisce i casi in cui è prevista la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
In particolare l’art. 9 del DM 1444/1968 fornisce le distanze minime tra fabbricati differenti in funzione delle zone territoriali omogenee:
• “zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale”;
• “zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12 (…)”;
• “nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”.
Il mancato rispetto della distanza tra pareti finestrate può comportare la demolizione e sanzioni spesso onerose, come messo in luce anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 21991/2024.
Le conseguenze del mancato rispetto delle distanze tra edifici
Recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21991/2024, ha emesso una sentenza relativamente al mancato rispetto della distanza legale di 10 metri tra pareti finestrate, oltre ad altri lavori non svolti rispettando le relative normative.
Il ricorrente ha citato in giudizio la controparte, accusandola di aver costruito un edificio in violazione delle distanze minime previste dalla normativa edilizia e chiedendo la demolizione della struttura limitrofa. In sede legale è stato inoltre richiesto un risarcimento per i danni causati all’immobile.
In primo grado, il tribunale ha accolto le richieste, riconoscendo la violazione delle distanze legali e condannando la controparte alla demolizione e al risarcimento. Quest’ultima ha presentato appello, contestando la sentenza e lamentando errori nell’interpretazione delle norme e nelle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio (CTU). La Corte d'Appello ha respinto il ricorso, argomentando punto per punto le ragioni del rigetto delle contestazioni mosse.
La vicenda è infine giunta al terzo grado di giudizio, nel quale la Corte di Cassazione fa proprie le motivazioni delle Corte d’Appello, affermando come sia sufficiente che i fabbricati si fronteggino, anche solo parzialmente, per applicare la distanza legale di 10 metri prevista dal DM n. 1444/1968.
“La Corte d’Appello supera la censura affermando essere sufficiente che i fabbricati si fronteggino in parte, senza che rilevi che una sola delle due costruzioni sia finestrata; l’occlusione delle finestre dell’attrice non appariva superare la provvisorietà. La distanza di dieci metri di cui al d.m. citato «va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti frontistanti e a tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno»”, precisando che la presenza di finestre murate sul fabbricato non ha carattere definitivo, essendo reversibili.
La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze dei due precedenti gradi di giudizio e ha respinto le motivazioni dell’azienda, mantenendo l’obbligo di rispettare le distanze legali e le normative edilizie, inclusa quella antisismica.
Fonte Ingenio