Riqualificazione energetica ed isolanti in edilizia: consigli e buone pratiche per scegliere il materiale più adatto
Data la costante crescita di interesse nei confronti dei materiali isolanti, sostenuto anche dai bonus edilizi, sul mercato si è visto un aumento dell'offerta di materiali isolanti aventi caratteristiche e peculiarità differenti: vediamo quali sono, attenzionando gli aspetti che li rendono più o meno idonei per i diversi obiettivi progettuali.
Materiali isolanti: tipologie e caratteristiche
La definizione di materiale isolante: materiale la cui funzione è ridurre il trasferimento di calore e che deriva le sue proprietà isolanti dalla sua natura chimica e /o dalla sua struttura fisica.
Partiamo analizzando le diverse famiglie di isolanti e le loro principali caratteristiche con lo scopo di fornire informazioni per valutazioni preliminari e non esaustive.
Una prima suddivisione può essere fatta in base all’origine dei materiali: organica quando la materia prima è rinnovabile, inorganica se l’isolante deriva da processi produttivi di natura chimica.
- Isolanti inorganici naturali e sintetici, hanno origine minerale: come lana di roccia, di vetro, perlite espansa, vermiculite espansa, argilla espansa, ecc.. sono commercializzati in pannelli o rotoli, per alcuni tipi anche sfuso, e ad oggi sono ampiamente utilizzati per merito delle loro capacità di non assorbire l’umidità, di essere particolarmente resistenti alle muffe e incombustibili.
I valori di conducibilità termica possono variare anche parecchio per questo tipo di isolanti, con 0,031 W/mK, per lane di vetro molto performanti e 0,090 W/mK di una perlite espansa in granuli. La lana di roccia, prodotta mescolando roccia di origine vulcanica con materiali inerti, è caratterizzata da una struttura a celle aperte che garantisce ottime proprietà di isolamento termico e acustico, come le altre lane minerali presenta una struttura fibrosa. Tra i vari materiali isolanti è uno di quelli che riesce meglio a resistere a temperature molto elevate e per questo è utilizzata anche per applicazioni industriali e quando è richiesta una elevata classe di resistenza al fuoco.
Perlite, argilla espansa e pomice, commercializzate principalmente in forma granulare, presentano una struttura porosa con valori di conducibilità termica più elevati rispetto ad altri isolanti, motivo per cui sono spesso abbinati ad altri materiali.
- Isolanti organici naturali, sono materiali principalmente di origine vegetale: fanno parte di questa categoria di isolanti in fibra di legno, di cellulosa, fibra di canapa, kenaf, sughero ecc.. Si presentano sotto forma di pannelli, rotoli oppure sfusi in fiocchi. La conducibilità termica per questo tipo di materiali si attesta tra 0,040 e 0,060 W/mK: certamente non la più bassa reperibile sul mercato ma l’utilizzo di isolanti naturali presenta numerosi vantaggi in termini ambientali. Infatti, generalmente sono materiali riciclabili, biodegradabili e traspiranti, prodotti da materie prime rinnovabili, in molti casi prodotti da materiale di scarto. Ad esempio, gli isolanti in fibra di legno e in generale in fibra vegetale, ottenuti da scarti di segheria, disponibili principalmente in pannelli, sono tra gli isolanti organici, quelli caratterizzati da densità più elevate, con una buona capacità di accumulo del calore. Queste caratteristiche li rendono adatti a garantire il benessere climatico estivo, ad essere impiegati per l’isolamento di coperture lignee ma anche per cappotti, sia esterni che interni in quanto esenti da emissioni tossiche o nocive.
Il sughero, a struttura cellulare, presenta ottime capacità di isolamento termo-acustico per natura in quanto è costituito da celle contenenti cavità d’aria. Dopo la scorzatura della corteccia e la lavorazione del materiale, si presenta come isolante in edilizia sotto forma di pannelli o granuli sfusi, spesso è accoppiato anche ad altri materiali data la sua elasticità, versatilità e caratteristiche di inattaccabilità da parte di agenti acidi e insetti.
Fanno parte di questa categoria anche gli isolanti organici di origine animale come la lana di pecora. Riciclabile e traspirante ma più costosa rispetto ad altri isolanti naturali, ad oggi risulta meno utilizzata in quanto attaccabile da acari e parassiti e se non trattata potrebbe risultare infiammabile con produzione di fumi tossici.
- Isolanti di origine organica sintetica: come Polistirene espanso (EPS), Polistirene estruso (XPS), Poliuretano (PUR/PIR), ecc.. Sotto forma di pannelli e in schiuma, sono materiali plastici di origine petrolchimica dalle ottime capacità isolanti: si raggiungono valori di conducibilità termica molto bassi, di 0,020 W/mK per alcuni tipi di poliuretano, fino a 0,040 W/mK per EPS standard. Presentano generalmente elevata resistenza alla diffusione del vapore e vista la facilità di reperimento e il basso costo risultano ampiamente utilizzati, specialmente per cappotti esterni, in vespai e in strutture controterra. Raramente utilizzati per l’isolamento dall’interno, sono materiali a bassa densità di facile applicazione vista la loro leggerezza e lavorabilità.
L’EPS è un materiale ottenuto tramite il processo di polimerizzazione dello stirene, che dopo la sinterizzazione presenta una struttura cellulare a celle chiuse, ciò lo rende impermeabile all’acqua. In commercio si trova spesso additivato con altri componenti come la grafite, che ne migliorano le performance. Attualmente è uno degli isolanti più economici.
Il poliuretano espanso rigido (PIR e PUR) è tra gli isolanti sintetici, quello ad avere conducibilità termica più bassa. Sono spesso provvisti di rivestimenti esterni come alluminio, membrane bituminose o schiume ad alta densità, in base alla destinazione finale del pannello.
- Isolanti di ultima generazione: chiamati anche SIM (Super Insulating Materials) proprio per la loro caratteristica di essere altamente isolanti. Appartengono a questa categoria materiali con caratteristiche molto diverse tra loro, generati da differenti processi produttivi e anche aventi costi molto diversi.
- Le resine fenoliche sono schiume rigide costituite da una fitta struttura a celle chiuse, che, oltre ad avere una conducibilità termica molto bassa, da 0,019 W/mK a 0,023 W/mK, presentano diverse caratteristiche che le rendono un’alternativa molto interessante rispetto agli isolanti tradizionali. Infatti, rispetto agli altri materiali di origine sintetica ha un’ottima resistenza al fuoco, non emette fumi tossici ed è autoestinguente. I pannelli isolanti possono poi essere rivestiti da altri materiali come alluminio multistrato o vetro satinato a seconda delle esigenze e del tipo di applicazione.
- Aerogel: attualmente la tipologia più commercializzata è l’aerogel di silice, la caratteristica principale è quella di avere struttura altamente porosa in cui l’aria può arrivare a rappresentare il 99% del suo volume. È disponibile in pannelli o in granuli e quindi sfuso, con valori di conducibilità termica da 0,013 W/mK a 0,025 W/mK. Sebbene gli ultimi anni vedano un interesse sempre maggiore per questo materiale e vi sia un aumento delle sue possibili applicazioni, resta tra gli isolanti più costosi.
- Isolanti sottovuoto: detti VIP (Vacuum Insulation Panels), sono pannelli multistrato costituiti da uno strato centrale, un vero e proprio nucleo incapsulato dal quale viene evacuata tutta l’aria e i gas presenti. Per il nucleo possono essere utilizzati diversi materiali come fibra di vetro o aerogel, e anche per l’involucro sigillante si utilizzano svariati materiali, ad esempio l’alluminio, secondo diverse configurazioni. Questa loro composizione di film esterno che blocca la radiazione del calore e di “core” interno che limita il trasferimento del calore fa si che i VIP attualmente siano i materiali con conducibilità termica più bassa presenti sul mercato, da 0,0016 a 0,008 W/mK. Già ampiamente utilizzati nelle attrezzature di refrigerazione come celle frigo e congelatori, stanno trovando largo impiego anche nell’edilizia visti anche i loro spessori ridotti e leggerezza. Essendo materiali sottovuoto è necessario prestare particolare attenzione nella posa di questi pannelli, assolutamente da evitare fori, tagli, pieghe per non comprometterne il comportamento isolante. Inoltre, essendo composti da strati di diversa natura risulta più complesso lo smaltimento o il riciclo a fine vita.
- Isolanti termoriflettenti: sono costituiti da fogli di polietilene o ovatte accoppiate ad un rivestimento in fogli di alluminio. Il loro potere isolante deriva proprio dalla capacità della superficie di riflettere le radiazioni termiche e le onde elettromagnetiche, il rivestimento esterno infatti è caratterizzato da valori di emissività molto ridotti, di 0,03 o 0,04. È da sottolineare che affinché si attivi l’effetto termoriflettente è necessario che il materiale sia applicato in presenza di un’intercapedine d’aria, qualora il pannello venisse appoggiato direttamente sulla superficie l’isolamento termico sarà determinato dalla conducibilità dell’anima del pannello. Per questo trovano applicazione principalmente nelle coperture ventilate o a parete posti in intercapedine, specialmente in pareti leggere e prefabbricate. Il calcolo della resistenza termica di questi particolari isolanti sarà strettamente collegato a diversi fattori quali la direzione del flusso termico (quindi se l’applicazione è a parete o in copertura), allo spessore dell’intercapedine e alla configurazione dell’intercapedine stessa.
La conducibilità termica non basta
Il parametro che meglio descrive la capacità isolante di un materiale è senza dubbio la conducibilità termica, definita come grandezza fisica che misura la capacità di una sostanza a trasmettere calore attraverso la conduzione termica, trascurando convezione e irraggiamento termico.
Espressa in W/mK e rappresentata dalla lettera greca Lambda dipende dalla natura stessa del materiale e dal gradiente di temperatura. Sappiamo bene che più è bassa la conducibilità, più il materiale analizzato avrà caratteristiche isolanti.
La normativa tecnica in materia di contenimento dei consumi energetici ci impone il soddisfacimento di alcuni requisiti di trasmittanza termica per gli elementi di involucro negli interventi di riqualificazione energetica così come nelle nuove costruzioni. Senza entrare nel dettaglio di questi requisiti, dipendenti da zone climatiche, tipo di componente edilizio e dal tipo di intervento effettuato, risulta chiaro come un materiale altamente isolante influenzi in modo diretto la trasmittanza finale della parete.
L’utilizzo di un isolante altamente performante con lambda bassissimo permetterà, a parità di trasmittanza finale della parete, di soddisfare il requisito imposto con spessori ridotti, rispetto ad un isolante con lamba più elevato.
La tabella seguente mette in luce proprio questo, sono sufficienti 11 cm dell’isolante02 per raggiungere la trasmittanza finale di 0,23 W/m2K contro i 18 cm dell’isolante01.
Figura 1 – Isolanti a confronto: spessore necessario per ottenere la trasmittanza termica richiesta (fonte: elaborazione propria). (@C. Brocato)
Verrebbe quindi facile pensare che scegliere materiali dalle altissime prestazioni isolanti permette di utilizzare spessori ridotti e di soddisfare, con l’applicazione di pochi cm di coibente, anche i requisiti richiesti.
Attenzione però! Il comportamento di un materiale dipende anche da molti altri fattori, vediamo quali e perché è importante prendere in considerazione la totalità di questi aspetti quando si interviene su un manufatto.
Permeabilità e resistenza al passaggio del vapore
Sappiamo bene che il peggior nemico dei componenti edilizi sia l’umidità. Il vapore acqueo infiltrandosi all’interno delle strutture altera il comportamento dei materiali peggiorandone la conducibilità termica e le caratteristiche strutturali.
Sono due gli indici che descrivono il comportamento dei materiali al vapore:
- Permeabilità al vapore d’acqua δp: definita come quantità di vapore che attraversa per unità di tempo, un’unità di superficie, per un provino di spessore unitario con una differenza di pressione di vapore unitaria
- Resistenza al vapore d’acqua µ: indice adimensionale calcolato come rapporto tra la permeabilità al vapore dell’aria e la permeabilità al vapore del materiale. Descrive quindi quante volte è maggiore la resistenza alla diffusione del vapore di un materiale rispetto ad un volume di aria di uguale spessore.
Le schede tecniche dei materiali isolanti riportano per lo più il dato di resistenza al vapore. Possiamo notare come i materiali a base polimerica presentino i valori di µ più elevati: gli XPS hanno valori di resistenza al vapore intorno a 150, valore che si abbassa leggermente per gli EPS. Le lane minerali invece, così come la maggior parte degli isolanti ad origine vegetale, presentano valori di µ decisamente inferiori, da 1 a 20. Sono quindi materiali che permettono la migrazione del vapore e che in base alle esigenze progettuali possono essere scelti se più o meno traspiranti. Gli isolanti sottovuoto e riflettenti essendo costituiti da involucri metallici avranno resistenza al vapore tendente all’infinito, sono cioè materiali totalmente impermeabili.
L’umidità può essere causata da problemi di infiltrazioni, di risalita, da eccessivi carichi termici interni, ecc. ma molte volte la presenza di umidità nelle murature è dovuta ad una errata progettazione della stratigrafia muraria stessa.
Nelle riqualificazioni energetiche, intervenendo sull’esistente, è bene prestare particolare attenzione alla composizione del supporto su cui si va ad intervenire: ad esempio una parete in pietra ha un comportamento termoigrometrico totalmente diverso rispetto una parete in laterizio con intercapedine, la scelta di un isolante piuttosto che di un altro può fare la differenza nella riuscita progettuale.
Altro aspetto da considerare è dove viene applicato l’isolante, internamente, esternamente, in intercapedine, a contatto con uno strato di ventilazione, in ogni caso la risposta del componente edilizio sarà differente. Anche le condizioni climatiche esterne influiscono in modo considerevole sulla presenza e sulla migrazione del vapore. È necessario precisare che la diffusione del vapore non è un fenomeno che va necessariamente bloccato ma, al contrario, è un fenomeno che va controllato e regolato affinché l’eventuale eccesso di umidità in ambiente, possibile indicatore di un ambiente poco salubre, possa asciugarsi evaporando.
Inerzia e sfasamento termico
Altro aspetto cui fare riferimento quando si scelgono i materiali edilizi riguarda la zona climatica di progetto. Il nostro paese è caratterizzato dalla presenza di una grande varietà di clima, e proprio per questo è stato suddiviso in 6 zone climatiche, dalla A alla F.
Le zone A-B-C corrispondono ad un clima mediterraneo, con estati sempre più calde e secche, il centro Italia è caratterizzato da un clima temperato, mentre invece al nord abbiamo e in corrispondenza delle catene montuose abbiamo climi alpini, zone climatiche E-F. Anche a livello normativo sono esplicitati diversi requisiti prestazionali da garantire in base alla zona climatica, nelle zone climatiche più fredde è richiesto il raggiungimento di trasmittanze termiche dei componenti edilizi decisamente più basse, nelle zone più calde invece le verifiche riguardano la massa e lo sfasamento termico.
L’inerzia termica è la capacità di un materiale di attenuare e ritardare l’ingresso del calore in un ambiente, è la capacità di un elemento di variare più o meno velocemente la temperatura in risposta alle variazioni di temperatura esterne.
Misurato in ore, lo sfasamento termico identifica la differenza di tempo tra l’ora in cui si registra la massima temperatura tra la faccia esterna del componente e l’ora in cui si registra la massima temperatura sulla sua faccia interna.
Maggiore è questo valore maggiore sarà la capacità del componente edilizio di ritardare l’ingresso in ambiente del calore proveniente dall’esterno. Questi meccanismi sono fondamentali per il raggiungimento del comfort indoor in quanto riducono notevolmente le oscillazioni interne di temperatura, diventando determinanti nel periodo estivo.
Il DM 26/06/2015 “Requisiti Minimi” prevede per le zone climatiche aventi valori medi mensili di irradianza solare maggiore di 290 W/m2 nel mese di massima insolazione, la verifica della massa superficiale o della trasmittanza termica periodica (W/m2K).
Questo parametro, strettamente legato allo sfasamento termico, valuta la capacità di una parete opaca di sfasare ed attenuare il flusso termico che la attraversa nell’arco di 24 ore.
È utilizzato per la valutazione del comportamento estivo di un elemento, aiuta il progettista e capire se intervenire sull’isolamento o sulla massa di un componente murario.
Strutture massive, in grado di immagazzinare calore ci aiutano in estate dissipando il calore durante le ore notturne, ma anche in inverno e in autunno. Nelle stagioni più fredde le murature accumulano calore durante il giorno, grazie anche agli apporti solari gratuiti, il calore viene poi liberato durante la notte quando le temperature scendono. Capiamo subito quindi come la scelta di un isolante a densità più o meno elevata influenzi in modo diretto il progetto e conseguentemente la qualità dell’ambiente interno.
Anche il Decreto Ministeriale 23 giugno 2022, anche detto CAM, obbliga a rispettare una serie di criteri per gli edifici pubblici, inerenti il controllo delle prestazioni estive. In particolare, i criteri 2.4.2 e 2.3.3 riguardanti la massa superficiale o la trasmittanza termica periodica, la temperatura operante estiva, l’indice di riflessione solare.
Non dimentichiamo che il comportamento estivo di un edificio è importante tanto quanto quello nel periodo invernale, soprattutto quando si lavora con l’esistente: è più complesso migliorare le prestazioni estive rispetto a quelle invernali.
Possiamo affermare che i materiali con massa volumica bassa, tipicamente gli isolanti di origine organica sintetica come EPS e XPS, e i materiali fibrosi di origine minerale hanno scarse capacità di accumulo del calore. Qualora volessimo aumentare l’inerzia e quindi lo sfasamento termico gli isolanti più adatti sarebbero pannelli in fibra di legno o sughero, materiali di origine vegetale. Vi sono isolanti di recente formulazione ottenuti ad esempio dagli scarti della lavorazione del riso: questi pannelli in paglia di riso presentano calore specifico di 1900 J/kgK che consente uno sfasamento termico fino a 23 ore.
Fonte Ingenio